Eccomi, ancora una volta, in cammino per i vicoli dell’Africa, terra che mi è entrata nel cuore e per la quale nutro un’attenzione particolare. Torno, ogni volta, sperando di trovare una situazione migliorata rispetto alla mia ultima visita. Per tanti aspetti qualcosa è cambiata: cammina meno gente a piedi perché ci sono più macchine, più biciclette, motori e poi tanti cellulari. Qui il cellulare è una necessità perché serve ad annullare le distanze, a permettere di chiedere aiuto, ma anche a sentirsi meno soli specialmente nelle difficoltà che sono il pane quotidiano per i poveri e per i missionari che condividono ogni tipo di povertà con loro.Un altro motivo per cui sono contenta è l’aumentato riconoscimento della donna
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Dieci anni fa, incontravo le donne solo in chiesa o, di sfuggita, quando preparavano da mangiare, per il resto, tutto era dominio del mondo maschile. Oggi sono aumentate le insegnanti sia a livello di scuola materna che primaria ma, tra i bambini solo un terzo è femminile perché prevale ancora la convinzione che per lavorare i campi o per fare figli, la donna non abbia bisogno d’istruzione. Da qualche visita ai foyer (pensionati) nelle baraccopoli, invece, sono uscita più sofferente che mai perché nessun uomo o donna dovrebbe permettere che i suoi simili vivano certe realtà: sopravvivere in camere con dei finestrini da cui non entra aria, ma il fetore delle fogne a cielo aperto, delle immondizie stagnanti, di quel poco che si prepara per mangiare. I ragazzi dei foyer pur vivendo in mezzo a tanta povertà si sentono fortunati perché hanno dei letti su cui dormire, da mangiare a sufficienza, la possibilità di studiare e di stare in città; ma io non resisto, sto male e sudo ancora ora solo al pensiero di questa loro vita quotidiana.
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Padre Henri e suor Rita, che seguono questi ragazzi, certamente sognano per loro un mondo migliore, mirano a che possano raggiungere un futuro con più serenità. Il mio essere qui mi fa sentire carica di tanta responsabilità perché chiamata a testimoniare il Vangelo dei poveri vissuto in questo piccolo angolo di Africa. Sono il vivere di ogni giorno per loro, ma è una fatica per me non poter fare la doccia ogni giorno o doverla fare con l’acqua fredda perché non c’è energia elettrica; e, per fortuna, sono venuta in un periodo in cui piove molto e le bacinelle, messe appositamente, si riempiono con facilità e ci fanno vivere la presenza della pioggia come una benedizione che non chiede razionamenti. Intanto si parte ancora, africa_confini Tabau Ora la pioggia diventa un ostacolo, un pericolo in più per la strada sconnessa, piena di grandi buche colme di acqua e di fango, non riesci a capire se ce la farai a superarle. Con grande difficoltà raggiungiamo “La casa del Sole” centro per portatori di handicaps costruito con i frutti della generosità dei torittesi nel 2001.
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Il centro è funzionante e continua a collaborare con le Missionarie dell’Incarnazione ed altre comunità, è diventato sede anche di un orfanotrofio, unica realtà della diocesi di San Pedro dove trovano accoglienza, cibo e tanto calore, i bambini che prima erano abbandonati a se stessi. Qui suor Camilla sta vivendo la sua maternità occupandosi di trentotto bambini, dispensando loro baci e carezze.
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A suor Laulin che è infermiera e presta servizio in un ambulatorio , ho portato in dono, da parte dell’associazione, un elettrocardiografo che qui è di vitale importanza.
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E poi ancora in viaggio verso il villaggio di Gueyo.
Tutti parlano di una strada impossibile, ma non mi preoccupo più di tanto, visto quello che ho già affrontato, ma anche perché ho degli ottimi compagni di viaggio: padre Henri, vice parroco di Gueyo, suor Rosangela e Giovanna, una giovane signora di Bari che ha voluto condividere con me questo mio quarto viaggio in Africa. L’avevo incontrata durante qualche riunione con i benefattori dell’associazione, ma, in questo mese, ho potuto conoscere la ricchezza e profondità d’animo che la contraddistinguono e che le hanno permesso di condividere tempo e spazio (abbiamo dormito nella stessa stanza) con una quasi sconosciuta quale ero io per lei
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Fino a Soubré viaggiamo senza tante difficoltà e ci fermiamo in parrocchia per il pranzo, accolti da padre Antoine, un giovane sacerdote diocesano, una mia cara e vecchia conoscenza che risale a, quando era seminarista. Per arrivare a Gueyo mancano poco meno di settanta chilometri, ma l’impossibilità della strada, buche e avvallamenti resi scivolosi dal fango, anche occupata per ben tre volte da camion di traverso che aspettano qualche aiuto per poter proseguire e quindi lasciarci passare, ci fanno impiegare circa sei ore per raggiungere questo benedetto villaggio. Sembrava non dovessimo arrivare mai e per questo mi è venuto spontaneo pensare che si trovasse ai confini del cielo. La strada per raggiungere la parrocchia è in salita, qui ci attendono padre Eric, il parroco e la sua comunità calorosa e accogliente, tutti cantano e danzano per il nostro arrivo. L’indomani è domenica Giornata Missionaria Mondiale, padre Eric in sintonia col messaggio del Papa invita tutti a vivere il proprio battesimo e ad annunciare Cristo fino agli estremi confini della Terra.
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Mi sento veramente nel più lontano angolo del Mondo dove una comunità ricca di fede e di speranza canta e loda Dio, Padre di ognuno e di tutti. Dio c’è anche in questo posto ai confini del cielo e guarda con benevolenza tutti i suoi figli. Ritorniamo a San Pedro, la fatica del viaggio non ci pesa, ci ritroviamo nella casa delle Ancelle di Gesù Bambino meta di arrivo e di partenza.
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Ancora una volta parto per l’Italia con nel cuore la speranza che tutto cambi, anzi migliori per l’Africa. Concludo con le parole di suor Michelle, un’ancella africana: ….”. Un giorno, sono sicura, tutto sarà più facile anche per noi….”. Grazie a tutte le comunità che ci hanno accolto a Dagadji, a Diapadji, a Tabau, a Soubré, a Doba, a Gueyo, a Grand.Lau. Un grazie particolare alla comunità di San Pedro e a suor Rosangela che accoglie chi arriva e saluta chi parte come una mamma e ha per tutti un bicchiere d’acqua o un letto prima di proseguire. Grazie, il tuo cuore non ha porte né lucchetti è aperto e colmo di affetto e accoglienza per tutti. Dall’Africa un grazie speciale a tutti i benefattori e sostenitori de “Il Buon Samaritano”.
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Ottobre 2010 |
Grazia Cavalluzzi |
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